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Riflessi di Città

LA CITTÀ A VOLTE PUÒ UCCIDERE


    Nei miei primi anni d’insegnamento ho avuto una bravissima preside, come me sensibile agli insegnamenti di don Lorenzo Milani, il sacerdote sui generis che puntava alla valorizzazione degli ultimi della classe, dei ragazzi che la scuola respingeva.
    Per questa comunanza d’idee, appena diventato preside ho sentito una gran voglia di trovare chi, nei primi anni d’insegnamento, mi aveva incoraggiato in una professione che avrebbe attraversato tutta la mia vita. Perciò, ho chiesto ad una collega della scuola che aveva diretto, come potevo incontrare e salutare la mia vecchia preside; ma quella mi rispose che non sapeva quale fine avesse fatto, una volta andata via, anzi m’informò che tutti la davano per morta.
    Non mi rassegnai e da allora, per più di vent’anni, non ho cessato di cercarla, chiedendo notizie ogni volta che incontravo qualcuno di quella città, ricevendo sempre la stessa risposta. Ero così disperato che ho perfino pensato di chiedere ospitalità in uno di quei programmi piagnucolosi, nei quali si cerca qualcuno scomparso.
    Poi, non potendo trovare tra gli uomini, ho cercato tra le carte, anzi tra le “Pagine Bianche” del telefono e lì ho trovato diecine di signore col nome e cognome della mia preside, ma una volta contattatele, nessuna di loro era lei e ogni nuova risposta mi lasciava ancora più deluso. Finché non ho trovato un giorno, tra le carte del mio ufficio, la scuola in cui la preside aveva prestato servizio fino a pochi anni fa, prima di andare in pensione. Non so se la gioia fu più grande della rabbia, ma certo non erano stati angeli tutte le persone che avevo avvicinato, dando con tanta leggerezza per morta una persona che pure aveva operato per il bene dei loro figli, dei giovani più bisognosi del paese.
    Una cosa adesso era certa. Che la mia preside, la persona che in tutti questi anni aveva tenuto agitato il mio cuore, era viva. Ed ora che la sapevo viva, dovevo trovarla. Cercai la scuola e non c’era più, seppellita sotto le nuove leggi di unificazioni degli istituti. Cercai l’edificio dove erano stati trasferiti i vecchi documenti. Mi ha risposto il preside, con tono imperioso e scortese, facendo riferimento alla privacy, nonostante gli avessi raccontato tutta la storia e le mie peripezie durate più di vent’anni. Infine, l’ho convinto a darmi il numero telefonico. “Chissà s’è ancora buono”, mi aveva aggiunto. L’ho ringraziato. Ho centellinato quel numero, tra mille palpiti. Se è cambiato, non so questa volta come farò a trovare quello giusto, pensai. Infine lo squillo e la risposta: “Sì, pronto?”. “Cerco la Preside”. “Sì…”. “ “C’è la preside?”. “Sì?” “E’ lei la preside?” “Sì!”.
    Potete immaginare cosa è seguito dopo; come si possa ancora scrivere, in questa civiltà di materialismo e falsità, una pagina di alto sentimento. “Che pagina, lo racconterò ai miei nipoti. E’ da libro Cuore”, mi ha detto commossa la preside. Sono completamente d’accordo con lei.


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